"Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai alla sezione Cookie Policy"

Ing. Mariapia Faruolo (vedi Curriculum Vitae)

_________________________________________________________________________

L’attività di ricerca ha riguardato lo sviluppo di procedure originali di analisi e interpretazione di dati satellitari per lo studio e la caratterizzazione del fenomeno del gas flaring connesso alle attività estrattivo-produttive del Centro Olio Val d’Agri (COVA).

Il gas flaring è la pratica comunemente adottata dalle compagnie petrolifere per bruciare il gas naturale in eccesso associato all’estrazione di petrolio. La combustione di tale gas avviene attraverso una torcia che svetta, con una fiamma perenne, sulla sommità delle torri degli impianti di trattamento del petrolio. La combustione in torcia del gas naturale è una misura di sicurezza adottata allo scopo di garantire che eventuali fuoriuscite dello stesso vengano smaltite direttamente sul luogo di produzione, evitando incidenti o esplosioni di qualsiasi tipo. Nel contempo, il flaring del gas presenta un duplice svantaggio: i) rappresenta uno spreco enorme di una risorsa energetica naturale (che potrebbe essere riutilizzata per la produzione sul posto di energia elettrica o la distribuzione del metano alle adiacenti aree urbane), ii) contribuisce all’inquinamento atmosferico del pianeta introducendo in atmosfera ingenti quantità di anidride carbonica, anidride solforosa e protossido di azoto. Per tali motivi il problema sia economico sia ambientale del gas flaring è particolarmente sentito e affrontato, a scala mondiale, da organismi nazionali e sovra-nazionali, impegnati a ridurne l’impatto sull’ambiente. Ad oggi, le informazioni sull’entità di tale fenomeno si ottengono direttamente dalle compagnie petrolifere, ma la maggior parte di esse non controlla adeguatamente la quantità di gas bruciato, fornendo spesso misure inaffidabili e/o lacunose. Al fine di avere stime indipendenti dei volumi di gas bruciati a scala locale e globale, nel 2002 la Banca Mondiale ha finanziato la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) per investigare le potenzialità dell’uso di osservazioni satellitari nell’identificazione delle torce e nella stima del gas flaring, nell’ambito dell’iniziativa GGFR (Global Gas Flaring Reduction).

In questo contesto si è inserita la presente attività di ricerca, attraverso la quale è stato sviluppato e validato un modello di regressione lineare che, a partire dal processamento e dall’analisi di serie pluriannuali di dati satellitari acquisiti da sensori polari (NOAA/AVHRR -Advanced Very High Resolution Radiometer e EOS/MODIS – Earth Observing System/Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer), stima, su base annuale ed indipendentemente da altre informazioni, il volume di gas bruciato in torcia, con un alto grado di accuratezza (errore stimato del 2%). In parallelo, è stato condotto uno studio di fattibilità circa le potenzialità dei dati satellitari geostazionari, acquisiti con una frequenza di 15 minuti, per il monitoraggio in tempo reale del segnale termico misurato sull’area del COVA. La versione preliminare di questo algoritmo, finalizzato all’individuazione tempestiva di eventuali anomalie termiche connesse a variazioni e/o malfunzionamenti dell’impianto che determinano l’insorgere delle cosiddette fiammate, è stato testato in occorrenza dell’evento incidentale verificatosi in data 13 gennaio 2014 presso il COVA, rivelando buone potenzialità.

Sintesi dei risultati

Il COVA ha due peculiarità: 1) è l’unico impianto di pretrattamento di gas e olio (il più grande del suo genere in Italia) ubicato in un’area largamente antropizzata e, 2) rispetto agli impianti già studiati in letteratura, presso i quali tutto il gas associato al greggio estratto viene bruciato in torcia, il flaring del COVA avviene nel 60%-80% dei casi in condizioni d’emergenza (il cosiddetto waste flaring), limitando fortemente l’impatto visivo delle torce e le emissioni in atmosfera.

Durante l’attività, con riferimento a queste condizioni operative e tenendo conto dei requisiti specifici dell’impianto, il COVA è stato dapprima caratterizzato da un punto di vista termico, attraverso la stima del suo potere emissivo (i.e. inteso come la quantità di energia termica emessa dal COVA durante il waste flaring). A tal fine sono stati processati 13 anni di dati MODIS acquisiti alle lunghezze d’onda del medio infrarosso ed infrarosso termico. A valle di una serie di analisi di dettaglio inerenti alla identificazione del segnale satellitare più adatto a caratterizzare e descrivere il gas flaring e dell’implementazione di diverse metodologie basate su approcci proposti in letteratura, si è giunti infine alla definizione di un modello di regressione lineare ad hoc che stima, su base annuale, i volumi di gas flaring emessi dal COVA

 

Sviluppi futuri

I più che soddisfacenti risultati ottenuti in questi due anni rappresentano il punto di partenza per studi futuri che si possono riassumere nei seguenti punti:

- verifica dell’affidabilità dell’algoritmo implementato su dati MODIS su un intervallo temporale più esteso rispetto a quello finora considerato;

- studio di fattibilità di dati di nuova generazione, quali quelli acquisiti dal sensore VIIRS (Visible Infrared Imaging Radiometer Suite), con il fine di migliorare ulteriormente, in termini di qualità e accuratezza, le performance della suddetta metodologia;

- verifica delle potenzialità di MSG/SEVIRI (Meteosat Second Generation/Spanning Enhanced Visible Infrared Imager), per lo sviluppo di un algoritmo in grado di fornire informazioni affidabili, rapide e tempestive circa la presenza di eventuali anomalie termiche (e.g. sfiaccolamenti) sul COVA.


Leggi tutto lo studio



Informazioni aggiuntive