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La land degradation è un fenomeno complesso che consiste nella persistente riduzione/perdita della produttività biologica ed economica delle terre le cui cause sono principalmente ascrivibili all’opera dell’uomo, talvolta esacerbata dalla concomitante azione dei fenomeni naturali. Gli impatti negativi sulle risorse naturali sono rilevanti in ogni contesto socio-economico e biogeografico, ma assumono contorni talvolta drammatici in contesti già intrinsecamente fragili come le aree caratterizzate da carenza di acqua (dryland).  In questi casi per designare gli effetti dei processi di degrado si preferisce la parola desertificazione in luogo della locuzione land degradation.

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Nelle dryland segnate da un’espansione delle attività antropiche come avviene, per esempio, in buona parte del bacino mediterraneo, strategie di monitoraggio continue ed accurate sono essenziali per valutare la vulnerabilità complessiva del territorio e intercettare precocemente casi di fenomeni di degrado incipienti. La complessità biogeografica intrinseca di questi ambienti, legata all’eccessiva parcellizzazione dei territori soggetti a differenti modalità di gestione, alle diverse condizioni climatiche e a una vasta gamma di condizioni socio-economiche, generalmente richiede l’adozione di strumenti sintetici (indicatori) che consentano una rapida ricognizione delle condizioni di salute delle zone investigate.

In tale contesto la tecniche di telerilevamento (remote sensing) costituiscono uno strumento flessibile ed affidabile per valutare il reale stato delle diverse coperture del suolo con particolare attenzione alla risposta della vegetazione su ampia scala.  Lo screening precoce di aree caratterizzate da segni emergenti di ridotta produttività è cruciale al fine di mettere rapidamente in campo politiche di contrasto/contenimento coerentemente concertate all’interno di più vasti indirizzi pianificatori.

 

In questo lavoro sono stati implementati strumenti relativamente semplici all’interno di una procedura basata sull’indice vegetazionale NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) derivato da immagini satellitari Landsat e dati di temperatura dell’aria, aggregati sulla base delle diverse tipologie di copertura del suolo presenti nel territorio investigato (Basilicata).

La distribuzione statistica delle deviazioni dell’NDVI e della temperatura dalle medie delle rispettive classi di copertura del suolo, consente di individuare quelle aree (hotspot) che presentano una contestuale presenza di stress della vegetazione e condizioni climatiche atipiche.

 

I risultati per la Basilicata mostrano una forte concentrazione di aree critiche in corrispondenza di foreste affette da fenomeni erosivi (per lo più all’interno o contermini alle zone calanchive) e di aree riparie in cui si evidenziano problemi di frammentazione delle coperture vegetate. Più in generale gli hotspot sono prevalentemente situati in aree siccitose quali la zona del bacino del Bradano - che è la più secca della regione - e le colline materane, di conseguenza i fenomeni individuati possono essere identificati come casi di desertificazione emergente.  A causa dello stretto legame esistente tra stato della vegetazione e disponibilità d’acqua, la nostra procedura riesce a individuare stati critici nelle dryland della Basilicata, anche senza utilizzare dati sulle precipitazioni.

 

Tale procedura può essere particolarmente utile in contesti operativi per il monitoraggio sistematico di ampie aree vegetate e può aiutare a stabilire situazioni prioritarie all’interno di aree vulnerabili laddove risultano necessarie ulteriori investigazioni di dettaglio (misure di campo, acquisizione da aereo o satellite di immagini iperspettrali). Inoltre, tale approccio risulta un supporto prezioso ed economicamente vantaggioso per la valutazione dell’efficacia di specifici interventi intrapresi in passato in particolari settori come quello agricolo e/o forestale. Infine, il metodo sviluppato può essere esportato agevolmente in qualsiasi contesto biogeografico selezionando opportunamente il dato satellitare e quello climatico. 





Ndvi1.jpg

Mappa delle aree anomale della Basilicata per l’anno 2002. In blu sono rappresentati i pixel anomali solo in termini di attività fotosintetica (anomalie dell’NDVI), mentre in rosso sono rappresentati quei pixel che presentano contestualmente anomalie dell’attività fotosintetica e condizioni climatiche atipiche (anomalie di NDVI e Temperatura).


Per informazioni:

Maria Lanfredi, CNR-IMAA, maria.lanfredi (at) imaa.cnr.it

 

Approfondimenti

Lanfredi, M.,  Coppola, R., Simoniello, T., Coluzzi, R.,  D’Emilio, M., Imbrenda, V., Macchiato, M. 2015. Early Identification of Land Degradation Hotspots in Complex Bio-Geographic Regions. Remote Sensing, 7(6), 8154-8179, doi:10.3390/rs70608154

 

Simoniello, T., Lanfredi, M., Liberti, M., Coppola, R., Macchiato, M. 2008. Estimation of vegetation cover resilience from satellite time series. Hydrology and Earth System Sciences,12, 1053-1064

 

Lanfredi, M.,  Simoniello, T., Macchiato, M. 2004. Temporal persistence in vegetation cover changes observed from satellite: development of an estimation procedure in the test site of the Mediterranean Italy. Remote Sensing of Environment 93(4), 565-576




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