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Indice articoli

Premio Marco Mucciarelli - III edizione – 2020   

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L’Associazione Gian Franco Lupo, “Un Sorriso alla Vita” - onlus di Pomarico (MT) ha promosso il “Premio Marco Mucciarelli” coinvolgendo l’Università degli Studi di Basilicata, dove ha insegnato; l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste, dove negli ultimi anni ha diretto proficuamente la sezione “Centro Ricerche Sismologiche”; il CNR-IMAA di Tito Scalo (PZ) con cui ha lungamente collaborato e l’ANPAS dove si è dedicato con passione all’attività formativa dei volontari.

Il Premio, consistente nell’attribuzione di una somma pari a 6.000,00 € (seimila/00 Euro), è stato istituito al fine di ricordare e far conoscere alle nuove generazioni la figura professionale, scientifica e umana del Professor Marco Mucciarelli, un grande uomo, che aveva nella sua semplicità e nel suo sorriso notevoli doti attrattive e comunicative. Si è dedicato con passione alla formazione dei suoi studenti trasmettendo amore per la ricerca.

Alla III^ edizione possono partecipare i laureati con laurea specialistica o magistrale in Fisica, Geoscienze, Geologia, Geofisica, Ingegneria o materie affini che abbiano svolto la tesi di laurea in tematiche sismologiche, geofisiche e di ingegneria sismica, nell’anno solare 2020 nelle università italiane.

 

E’ possibile prendere visione del bando e delle modalità di partecipazione al seguente link:

http://www.imaa.cnr.it/premio-marco-mucciarelli

 

Per informazioni

Maria Rosaria Gallipoli, CNR-IMAA, mariarosaria.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


L’ennesima opportunità per il buon vecchio Langley… 

Il metodo Langley (Langley method o Langley plot) è una tecnica comunemente utilizzata in diversi settori delle scienze atmosferiche per determinare il valore di una variabile geofisica tramite misurazioni di radiazione a diversi angoli di osservazione. Un esempio di applicazione è il suo utilizzo per dedurre l'irradianza solare extraterrestre (cioè all’estremità superiore dell'atmosfera) o l’opacità atmosferica (dovuta a gas, aerosol ed idrometeore), oppure per la calibrazione automatica dei radiometri (sia solari che a infrarossi/microonde).

Uno studio - coordinato dal  CNR-IMAA e finanziato da EUMETSAT (European Organisation for the Exploitation of Meteorological Satellites – Organizzazione europea per la gestione dei satelliti meteorologici) propone una applicazione innovativa del metodo Langley ad un problema completamente nuovo, la verifica delle componenti a radiofrequenze dei satelliti artificiali, nella prospettiva dei test in orbita per la seconda generazione della missione EUMETSAT Polar System (EPS-SG).

Il metodo prende nome dal Prof. Samuel Pierpont Langley (22/08/1834-27/02/1906), grande fisico statunitense, astronomo, inventore nonché pioniere dell'aviazione. Tra le sue invenzioni restano memorabili l’aerodromo, in competizione con il Flyer dei più celebri fratelli Wright per la corsa al volo con pilota a bordo, ed il bolometro, uno strumento per misurare l’energia radiante, alla base della conoscenza odierna dell’energia solare che investe la Terra. Inoltre, le sue misure dell'interazione tra radiazione infrarossa e anidride carbonica sono alla base delle prime teorie sul cambiamento climatico causato dall’accumulo di CO2 in atmosfera. L’eredità del Prof. Langley è talmente imponente che uno dei più noti laboratori della NASA, Langley Research Center in Hampton (VA), è a lui dedicato.

Nel recente studio condotto da IMAA, denominato APPLES (Applicability of the Langley method for EPS-SG EIRP measurement at Svalbard), il metodo Langley viene rivisto in chiave moderna e, fatte le opportune modifiche, proposto per la verifica in orbita delle componenti a radiofrequenze dei satelliti artificiali. La dimostrazione del metodo è stata ottenuta elaborando misure di segnali radio emessi dal satellite NOAA-20 e ricevuta da una stazione alle Svalbard, riportando i risultati sulla rivista internazionale IEEE Transactions on Antenna and Propagation.

Tale studio apre la strada per la stima in orbita, indipendente e autoconsistente, dei parametri del sistema di comunicazione satellitare, applicabile sia a missioni attuali che future, come la seconda generazione di EUMETSAT Polar System in programma di lancio per il 2024.

 

Per informazioni

Domenico Cimini, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Filomena Romano, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Salvatore Larosa, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

  • Cimini D., F. S. Marzano, M. Biscarini, R. Martinez Gil, P. Schlüssel, F. Concaro, M. Marchetti, M. Pasian, F. Romano, Applicability of the Langley Method for Non-Geostationary In-Orbit Satellite Effective Isotropic Radiated Power Estimation, IEEE Trans. Ant. Prop., https://doi.org/10.1109/TAP.2020.3048479, 2021. 

 

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Figura 1. Un ritratto di Samuel Pierpont Langley (22/08/1834-27/02/1906) ed il diagramma che schematizza l’adattamento del cosiddetto metodo Langley alla stima della potenza irradiata dal segmento spaziale di un ponte radio per le telecomunicazioni satellitari.

 

 

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Figura 2. Mappa dell’attenuazione atmosferica a 26.7 GHz simulata da dati ERA5 su un dominio intorno alle Svalbard. La croce e la linea rossa indicano rispettivamente la posizione dell’antenna ricevente e la traccia a terra dell’orbita del satellite NOAA-20.

 


Un approccio geofisico integrato per la caratterizzazione del comportamento strutturale del Ponte Gravina di Matera.

I ponti costituiscono una parte essenziale dell’assetto viario di qualsiasi nazione e il loro possibile deterioramento, causato dalla normale usura del tempo e da eventi naturali, può avere forti impatti dal punto di vista sociale, economico e di sicurezza. In Italia è ancora fresco il ricordo della tragedia del Ponte Morandi nell’agosto del 2018, quando il collasso del 15% della struttura causò 43 vittime e più di 500 sfollati. Nel nostro paese, circa 10000 ponti richiedono un controllo specifico e accurato del loro grado di sicurezza statica, soprattutto a causa degli alti volumi di traffico giornalieri che aumentano la percentuale di rischio associata all’infrastruttura.

Nota questa problematica, un’equipe di ricercatori del CNR-IMAA, in collaborazione con l’Università della Basilicata e ANAS, nell’ambito del progetto SPOT (Sviluppo di una Piattaforma per l’erogazione di servizi innovativi basati su dati di Osservazione della Terra), ha messo a punto un approccio geofisico integrato basato su tecniche sensoristiche affidabili, in situ e da remoto, a basso costo, non invasive e non distruttive. Tale approccio rientra nell’ambito del monitoraggio strutturale non distruttivo ed ha lo scopo di caratterizzare l’infrastruttura da un punto di vista statico e dinamico e di descriverne in maniera accurata lo stato iniziale e l’evoluzione delle sue proprietà al fine di individuarne eventuali criticità. La metodologia proposta supera i limiti delle classiche ispezioni visive e contribuisce alla caratterizzazione continua e in real-time dell’infrastruttura mediante acquisizione di dati oggettivi.

Come sito test per la validazione di questa metodologia è stato scelto il Ponte Gravina, un ponte ad arco di recentissima costruzione, ubicato sulla strada Statale Bradanica 655, nei pressi di Matera (Figura 1a).

L’approccio proposto in tale studio, recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Structural Health Monitoring, si basa sulla registrazione e analisi di due tipi di dati geofisici (sismici ed elettromagnetici) acquisiti sia attraverso test on-demand, sia nel corso di un monitoraggio in continuo dell’infrastruttura, nel periodo da Giugno 2019 al 31 Marzo 2020 (Figura 1b).

I dati sismici sono stati acquisiti, in condizioni ordinarie di utilizzo del ponte, mediante accelerometri e velocimetri che sono stati posizionati in quattro punti strategici della struttura: sulla campata e all’interno del suo arco tubolare. I dati elettromagnetici, invece, sono stati registrati durante l’esecuzione dei test on-demand da un radar interferometrico posizionato al di sotto dell’infrastruttura per osservare gli spostamenti verticali del ponte, nei suoi diversi punti, durante il passaggio di veicoli pesanti capaci di far vibrare la struttura in maniera differente rispetto alle condizioni ordinarie. I dati acquisiti sono stati analizzati attraverso diverse metodologie, al fine di caratterizzare l’infrastruttura in termini di frequenze principali di vibrazione, relativi parametri di smorzamento e forme modali del ponte.

Da un punto di vista metodologico, obiettivo primario di questo studio, è stato trovare un perfetto accordo reciproco tra i risultati provenienti dall’analisi di diverse tipologie di dati, acquisiti in maniera completamente indipendente fra loro, con quelli relativi ai modelli numerici del ponte già disponibili (Figura 2). La coerenza fra i risultati ottenuti è stata fondamentale per verificare la validità dell’approccio geofisico integrato proposto in tale studio oltre a poter definire con assoluta affidabilità le caratteristiche statiche e dinamiche iniziali del ponte, del tutto compatibili con quelle di un modello di ponte a spinta orizzontale eliminata. Inoltre, attraverso l’esecuzione di sondaggi sismici ed elettrici sui terreni di fondazione si è certificato che il ponte poggia su roccia calcarenitica, senza significativi effetti di amplificazione locale e quindi di interazione con l’infrastruttura.

La conoscenza delle proprietà iniziali del ponte ottenuta mediante la metodologia proposta e validata è molto importante: essa definisce, infatti, il punto di partenza per successive analisi basate sull’implementazione di modelli numerici predittivi necessari per un duplice scopo:

  • monitorare le prestazioni del ponte, al fine di determinare le migliori strategie di manutenzione dell’infrastruttura;
  • definire soglie critiche utili per individuare, in maniera semi-automatica, alcune criticità nel comportamento dinamico dell’infrastruttura monitorata.

 

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Figura 1. a) Ponte Gravina. b) Immagini della strumentazione adottata per lo studio del Ponte. Da sinistra verso destra: accelerometri e velocimetri nei pressi dell’isolatore sismico alla base della struttura; interferometro radar; accelerometro posizionato all’interno dell’arco tubolare; velocimetro installato su campata

 

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Figura 2. Risultati delle analisi effettuate su diversi dati geofisici a) Modi fondamentali di vibrazione determinati dall’analisi di dati sismici: si osservano, in particolare i primi 4 modi di vibrazione a 0.75 Hz, 0.97 Hz, 1.35 Hz e 1.5 Hz, rispettivamente. b) Modi di vibrazione a 0.75 Hz e 1.35 Hz stimati dall’analisi dei dati elettromagnetici. c) Forma modale relativa al primo modo di vibrazione. d) Forma modale relativa al terzo modo di vibrazione.

  

Per informazioni

Vincenzo Serlenga, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Approfondimenti

 

  • Serlenga V., Gallipoli M.R., Ditommaso R., Ponzo C.F., Tragni N., Stabile T.A., Perrone A., Calamita G., Vignola L., Pietrapertosa D., Carso R.F. 2021. Structural behavior characterization of the Gravina Bridge (Matera, Southern Italy). P. Rizzo and A. Milazzo (Eds.): EWSHM 2020, LNCE 127, pp. 23–31, doi:10.1007/978-3-030-64594-6_3.
  • Serlenga V., Gallipoli M.R., Ditommaso R., Ponzo C.F., Tragni N., Perrone A., Stabile T.A., Calamita G., Vignola L., Carso R.F., Pietrapertosa D., Lapenna, V. 2021. An integrated approach for structural behavior characterization of the Gravina Bridge (Matera, Southern Italy). Structural Health Monitoring, doi:10.1177/1475921720987544.

 


Analisi di dati satellitari Sentinel-2 per il monitoraggio degli effetti eterogenei di siccità ed ondate di calore sulle foreste Mediterranee

Uno studio pubblicato sulla rivista Land (MDPI), condotto dai ricercatori del Laboratorio LCD&D (Land Cover Dynamics and Degradation) del CNR-IMAA unitamente ad alcuni ricercatori dell’Università della Basilicata, esplora la risposta di cinque differenti aree forestali lucane in seguito ad un periodo di condizioni meteorologiche avverse (effetto congiunto di siccità ed alte temperature) nell’estate del 2017. In particolare, esso analizza la relazione tra l’andamento dei valori NDVI Sentinel-2 e le osservazioni in situ condotte attraverso i metodi Mannerucci e Raunkiær.

Negli ultimi anni le aree mediterranee, sebbene considerate piuttosto resistenti agli eventi di siccità, sono state caratterizzate da frequenti ed importanti eventi siccitosi. In particolare, le foreste sono fra gli ecosistemi impattati in modo più significativo, soprattutto se la siccità si verifica durante un prolungato periodo di caldo eccessivo. Diversi studi hanno mostrato che le specie forestali rispondono differentemente agli eventi estremi e che la loro risposta alla siccità ed il loro adattamento dipende dall’intensità e dalla durata dell’evento; spesso tale risposta è aggravata dalle condizioni ambientali locali ed appare molto complessa se la copertura vegetazionale è particolarmente eterogenea. Tuttavia, i costi elevati delle misure in situ non consentono di raccogliere dati su larga scala per valutare gli effetti prodotti in maniera estensiva.

Questo studio esplorativo analizza la risposta di cinque aree forestali localizzate in Basilicata in seguito ad un lungo periodo di siccità ed alte temperature osservato nell’estate 2017. Esso mette in evidenza una sostanziale consistenza fra la decrescita del valore medio dell’indice NDVI (che è un indicatore dello stato di salute della vegetazione, della sua vigoria e densità) stimato nelle aree di studio con il sensore Sentinel-2 nel post evento e la vitalità dei singoli alberi valutata attraverso il metodo Mannerucci (metodo di valutazione visivo che assegna classi di vitalità agli alberi esaminati, vedi Figura 1a) e quella degli altri strati di vegetazione (prati, arbusti, ecc.) valutata attraverso il metodo Raunkiær (metodo per ottenere lo spettro biologico della flora investigata attraverso la classificazione delle varie forme biologiche presenti in quel territorio).

In particolare, l’analisi comparativa fra i dati satellitari e quelli in situ è stata fatta considerando la percentuale di alberi danneggiati (valutata con il metodo Mannerucci), indipendentemente dalla specie.

I risultati mostrano che lo strato arboreo risulta determinante nella diminuzione dei valori di NDVI; infatti, quest’ultimo risulta proporzionale al numero di alberi danneggiati stimati attraverso il metodo Mannerucci (R2=0.98 per il periodo Luglio-Ottobre 2017). Tuttavia, l’analisi dei restanti layer vegetazionali non solo si mostra come valido supporto nell’interpretazione della risposta degli ecosistemi forestali nel periodo analizzato ma ben evidenzia che la struttura/composizione del sottobosco rappresenta un elemento importante nella fase di recupero.

In generale il lavoro mostra la validità dell’utilizzo dell’indice NDVI Sentinel-2 per lo studio del danno della vegetazione alla risoluzione del pixel (10m) e la sua idoneità nel rendere conto dei danni afferenti ai diversi strati vegetazionali che compongono le aree forestali. Si tratta di un risultato importante poiché mostra che i dati Sentinel-2, distribuiti gratuitamente e con una buona frequenza di acquisizione, sono particolarmente validi per il monitoraggio continuo delle foreste, specialmente in seguito ad eventi estremi in quanto sono in grado di fornire informazioni su vaste aree forestali tenendo conto dell’eterogeneità locale.

 

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Figura 1: a) classi di vitalità secondo il metodo Mannerucci; b) Percentuale di alberi danneggiati secondo il metodo Mannerucci (classi 2-6) e valori NDVI Sentinel-2 nel periodo Luglio-Ottobre 2017.

Per informazioni

Rosa Coluzzi, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

  • Coluzzi, Rosa; Fascetti, Simonetta; Imbrenda, Vito; Italiano, Santain S.P.; Ripullone, Francesco; Lanfredi, Maria. 2020. "Exploring the Use of Sentinel-2 Data to Monitor Heterogeneous Effects of Contextual Drought and Heatwaves on Mediterranean Forests" Land 9, no. 9: 325. https://doi.org/10.3390/land9090325

 

L’articolo è inserito nella lista dei “notable articles” redatta dalla rivista Land in occasione delle Giornata internazionale delle Foreste il 21 Marzo 2021.

 

 


Stima rapida degli spostamenti del suolo e dei danni agli edifici in seguito a eventi sismici con il supporto di dati SAR e LiDAR. Caso studio di Amatrice, sciame sismico del 24 Agosto 2016. 

La diffusione di nuove tecniche di telerilevamento e la crescente disponibilità di dati satellitari gratuiti sta contribuendo allo sviluppo di metodologie innovative a supporto del monitoraggio e della gestione dei rischi da catastrofi, valutando il livello dei danni nella fase immediatamente successiva ad un evento. I dati SAR (Synthetic Aperture Radar) e LiDAR (Light Detection and Ranging) ne sono un esempio. Tuttavia, mentre le analisi SAR sono sempre più accessibili, grazie soprattutto alla disponibilità di immagini satellitari open - come quelle del progetto Copernicus - le analisi con dati LiDAR sono ancora meno comuni a causa della scarsa disponibilità di questo tipo di dati su frequenze temporali significative.

In questo articolo si propone una procedura innovativa basata sull'uso di dati SAR e LiDAR per valutare rapidamente il danno subito dagli edifici nelle prime fasi post-emergenza di un evento sismico. Nello specifico, i dati SAR vengono utilizzati per un'analisi degli spostamenti del terreno su larga scala in seguito dell'evento sismico, mentre i rilievi LiDAR vengono utilizzati per misurare i cambiamenti ed identificare il livello di danno a scala urbana (nel dettaglio dei singoli edifici). La metodologia è stata applicata al caso studio della città di Amatrice, un comune italiano della provincia di Rieti situato nella regione Lazio. Secondo la classificazione sismica del territorio nazionale questo territorio ricade in zona 1.

La necessità di produrre uno scenario del grado di danno nei primi istanti successivi a un evento calamitoso presuppone la disponibilità di un dataset accurato, o quanto più preciso, sullo stato di salute degli edifici, il tipo di costruzione e l'età. Tuttavia, spesso gli unici dati disponibili per il territorio nazionale italiano sono quelli del censimento nazionale della popolazione e delle abitazioni dell'ISTAT. Al fine di mappare le principali tipologie edilizie, ovvero i materiali di costruzione (muratura o cemento armato), è stata effettuata un'indagine virtuale basata sull'utilizzo di Google Street View. Questo ha permesso di identificare la tipologia costruttiva in sole 24 ore e senza la necessità di effettuare rilievi in loco.

L'insediamento storico di Amatrice era caratterizzato dalla presenza di edifici realizzati con materiali locali, principalmente muratura e legno; per gli orizzontamenti, i solai intermedi e le coperture sono stati utilizzati sistemi in ferro o a volta. Erano presenti anche edifici in cemento armato sia nel centro storico che nelle parti più recenti della città. Tuttavia, molti edifici in muratura del centro storico sono stati interessati da interventi di adeguamento sismico o di miglioramento strutturale che hanno comportato il rifacimento delle coperture in cemento armato. Il progresso della legislazione tecnica delle costruzioni, ha portato a diverse disposizioni per il rinforzo sismico in seguito al verificarsi di eventi sismici.

Il data-set SAR, scaricato gratuitamente dalla piattaforma Copernicus, è stato elaborato con il software SNAP in modo da ottenere un interferogramma differenziale utilizzando le immagini Sentinel 1A del 22 agosto 2016 (pre sisma) e Sentinel 1B del 27 agosto 2016 (post sisma). Gli spostamenti registrati nel centro storico di Amatrice sono negativi e corrispondenti, quindi, ad un fenomeno di abbassamento del terreno lungo la direzione verticale. Ciò ha influito negativamente sulla stabilità strutturale degli edifici. I possibili esiti di questi spostamenti verticali sono legati alla natura intrinseca del suolo e alle caratteristiche costruttive degli edifici, alla loro età, ai materiali utilizzati per la loro costruzione e ad eventuali interventi di adattamento strutturale o sismico su di essi.

I dati LiDAR sono dati proprietari. Per quanto riguarda la situazione pre-sisma, si sono utilizzati quelli dell’indagine LiDAR condotta nel 2008 dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) per il monitoraggio delle aste fluviali. I dati del post-sisma derivano dai rilievi condotti il 24 Agosto 2016 dalla Protezione Civile del Friuli Venezia Giulia, forniti a seguito di specifica richiesta e utilizzabili ai soli fini di ricerca. Il set di dati LiDAR è stato usato per sviluppare modelli digitali di superfici (DSM). I dati LiDAR hanno un grande potenziale nell’identificazione degli edifici crollati, dopo un terremoto, grazie alla possibilità di valutare i dislivelli nei DSM.

I risultati attuali sono stati confrontati con quelli ottenuti da altri lavori scientifici, come il progetto COPERNICUS Emergency Management Service - Mapping e Fiorentino et al. 2018. L'accuratezza dei risultati relativi alla classificazione del grado di danno sismico ottenuti con la metodologia attuale è stata valutata confrontando i risultati tramite le matrici di confusione che hanno restituito un buon livello di accuratezza.

In conclusione, i principali risultati ottenuti hanno evidenziato come l'utilizzo delle tecnologie SAR e LiDAR possa essere utile sia nella fase di non emergenza per monitorare le aree colpite dal sisma, sia nelle fasi di immediato post-sisma per valutare gli effetti che esso ha causato. L'analisi interferometrica aiuta a identificare le aree maggiormente colpite dagli effetti di uno sciame sismico. Un'analisi continua degli spostamenti del terreno sarebbe estremamente utile per avere un riscontro immediato sulle aree che potrebbero essere state danneggiate dopo un evento sismico. Le variazioni positive e negative ottenute con tecniche di change detection (processo di identificazione dei cambiamenti) su dati LiDAR permettono un'analisi più approfondita che mira ad una valutazione del danno sui singoli edifici. Infatti, i rilievi LiDAR permettono di localizzare con estrema precisione aree o edifici colpiti da un terremoto. Il confronto qualitativo tra i risultati ottenuti con la metodologia proposta e i danni rilevati con il progetto COPERNICUS, mostra un buon livello di accuratezza e precisione dei risultati.

 

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Figura 1: Spostamento verticale misurato nel centro abitato di Amatrice individuato con la linea nera nella figura di destra

 

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Figura 2:  Change detection sull'insediamento storico di Amatrice (a sinistra). Classificazione degli edifici (a destra).

 

 Per informazioni

Gabriele Nolè, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

Early estimation of ground displacements and building damage after seismic events using SAR and LiDAR data: The case of the Amatrice earthquake in central Italy, on 24th August 2016

International Journal of Disaster Risk Reduction. Pub Date: 2020-10-17, DOI: 10.1016/j.ijdrr.2020.101924,  Lucia Saganeiti, Federico Amato, Gabriele Nolè, Marco Vona, Beniamino Murgante.    

 


La breve vita dell’isola New Lateiki (Tonga) analizzata mediante un sistema satellitare multipiattaforma

È stato recentemente pubblicata sulla rivista Scientific Reports un articolo scientifico che descrive i risultati ottenuti analizzando la recente eruzione del vulcano Lateiki (Tonga; Pacifico sud-occidentale), mediante un sistema satellitare multi-piattaforma/multi-sensore. Lo studio, effettuato dal German Aerospace Center (DLR) in collaborazione con il CNR-IMAA e la Scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi della Basilicata, descrive il collasso dell’isola vulcanica Metis Shoal (conosciuta anche come Lateiki) a seguito dell’eruzione surtesyana di metà ottobre 2019 e la formazione di una nuova isola vulcanica, di maggiori dimensioni, denominata New Lateiki. Le osservazioni satellitari mostrano come dopo la fine dell’attività eruttiva, durata circa 12 giorni, sia avvenuto un rapido cambiamento nella forma e dimensione della nuova isola vulcanica. Quest’ultima, contrariamente a quella formatasi nel 1995 e sopravvissuta circa 25 anni, è stata completamente erosa nell’arco di due mesi dall’inizio dell’eruzione (con un tasso di erosione medio stimato intorno a 464 m2 al giorno), a causa probabilmente della diversa composizione (materiale piroclastico) rispetto a quella precedente, mostrando un comportamento simile alle isole vulcaniche originatesi a seguito delle eruzioni del 1967-68 e 1979.

Lo studio è stato effettuato sfruttando anche le informazioni fornite dall’applicativo NHI (Normalized Hotspot Indices; Marchese et al., 2019), recentemente sviluppato al CNR-IMAA per studiare e mappare le anomalie termiche vulcaniche a scala globale, mediante l’analisi di dati satellitari Sentinel-2 MSI e Landsat-8 OLI ad alta risoluzione spaziale (20/30 m). Tale applicativo ha consentito di individuare e mappare le anomalie termiche associate con l’attività eruttiva e di analizzarne le variazioni di estensione, integrando le informazioni fornite dai dati satellitari ad alta risoluzione temporale.

I dati MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) e VIIRS (Visible Infrared Imaging Radiometer Suite) sono stati utilizzati, in particolare, per monitorare l’attività vulcanica (rilevata da satellite a partire dal 12 ottobre) e stimare il flusso radiante, il cui picco di intensità di circa 50 MW è stato registrato tra il 21 ed il 22 ottobre 2019.

 

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Figura 1: Evoluzione spazio-temporale dell’isola vulcanica New Lateiki (Tonga) in riferimento al periodo 15 ottobre-9 dicembre 2019 (Plank et al., 2020).

 

 

I risultati di questo studio confermano l’efficacia dei sistemi satellitari multi-piattaforma nel monitoraggio e caratterizzazione dei fenomeni vulcanici. Inoltre essi dimostrano l’importanza delle osservazioni satellitari nelle aree remote ed inaccessibili, in cui spesso rappresentano l’unica fonte di informazione disponibile a causa della mancanza dei sistemi tradizionali di sorveglianza dell’attività vulcanica.

 

 

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Figura 2: Anomalia termica (pixel in giallo) rilevata dall’applicativo NHI (Normalized Hot Spot Indices) da dati Landsat-8 OLI e Sentinel-2 MSI seguito dell’eruzione del vulcano Lateiki (Tonga) (a) 16 ottobre 2019; (b) 20 ottobre 2019 (Plank et al., 2020).

 

 

Per informazioni

Francesco Marchese, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

Plank, S., Marchese, F., Genzano, N. et al.(2020). The short life of the volcanic island New Late’iki (Tonga) analyzed by multi-sensor remote sensing data.  Scientific Reports 10, 22293. https://doi.org/10.1038/s41598-020-79261-7.

 


Nuove informazioni sulla struttura profonda dell'Alta Val d'Agri rivelate tramite indagini magnetotelluriche e tomografie sismiche. 

In questo lavoro, pubblicato di recente sulla rivista Tectonophysics da un gruppo di ricercatori dell’IMAA , viene presentato un modello di resistività elettrica del sottosuolo ottenuto tramite dei sondaggi magnetotellurici distribuiti lungo un ampio settore dell'Alta Val d'Agri. 

La tecnica Magnetotellurica è tra le indagini geofisiche largamente utilizzate quando si vogliano raggiungere regioni profonde del sottosuolo. Il campo geomagnetico terrestre è variabile nel tempo e nello spazio e tramite la misurazione delle sue variazioni temporali sulla superficie terrestre si ottiene una misura della resistività elettrica del sottosuolo. La resistività elettrica è come una firma caratteristica dei materiali e, in particolare, nelle rocce ne identifica le loro proprietà fisiche in termini del loro contenuto di fluidi e tipologia, porosità, temperatura, litologia etc. Misurando le variazioni dei campi elettromagnetici su un ampio intervallo di frequenze si ricavano informazioni a profondità diverse del sottosuolo, che possono variare da poche centinaia di metri di profondità fino a centinaia di chilometri. L’ampia profondità di esplorazione è il punto forza di questo tipo di indagine geofisica che aiuta a comprendere la struttura regionale del sottosuolo e di definire l’evoluzione dei processi geologici. Viene utilizzata per l’investigazione del sottosuolo in vari contesti di studio, da tettonici a vulcanici, dallo sfruttamento geotermico all’esplorazione di idrocarburi.

La Val d’Agri è un’area della Regione Basilicata di notevole pregio dal punto di vista naturalistico/ambientale che negli ultimi anni è stata interessata da attività industriali. Possiede un patrimonio ambientale e culturale di inestimabile valore ospitando uno dei Parchi Naturali Nazionali più belli d’Italia ed è sede di un serbatoio idrico, la Diga del Pertusillo, che con i suoi 155 milioni di mc di acqua produce energia elettrica, fornisce acqua per uso irriguo ad oltre trentacinquemila ettari di terreno tra Basilicata e Puglia ed ha funzioni cruciali per il rifornimento di acqua potabile all’Acquedotto Pugliese. In Val d’Agri è localizzata, inoltre, la più grande produzione estrattiva di idrocarburi onshore dell’Europa Occidentale. Considerate le fragilità ambientali di quest’area, è fondamentale sviluppare ed applicare le più moderne metodologie di monitoraggio geofisico ed ambientale del territorio.

È noto che la Val d’Agri è una delle aree d'Italia con il più alto potenziale sismogenico come dimostrato dal forte terremoto avvenuto nel 1857 di M=7.0. Recenti lavori, alcuni condotti anche da ricercatori dell’IMAA, hanno dimostrato che, oltre ad una moderata attività sismica di tipo naturale, l’area è interessata da una sismicità antropogenica, ovvero indotta da variazioni del campo di stress attribuibili all’attività industriale, in parte connessa ai processi di estrazione petrolifera (reiniezione delle acque di strato nel pozzo Costa Molina2) ed in parte legata alle fluttuazioni stagionali del livello idrico della Diga del Pertusillo.

È proprio in questo contesto di studio che si inseriscono le indagini geofisiche (magnetotelluriche e sismiche) realizzate in questi anni da alcuni ricercatori dell’IMAA, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari.

Il modello di resistività elettrica della Val d’Agri ottenuto dall’esecuzione dei sondaggi magnetotellurici, lungo 35 Km e profondo 12, visualizza un sottosuolo composto da sequenze sedimentarie a resistività crescenti con l’aumentare delle profondità, il cui andamento testimonia il tipico assetto strutturale della catena appenninica caratterizzato da pieghe e faglie con direttrice NW-SE.

La maggior parte delle strutture identificate nel modello magnetotellurico sono piuttosto superficiali e confinate all'interno delle Unità Alloctone. Un'improvvisa interruzione di continuità nell’andamento della Piattaforma Apula - sotto la parte centrale del profilo magnetotellurico in cui è stata individuata una zona a bassa conduttività presumibilmente fratturata e ricca in fluidi - è stata associata ad una presunta faglia inversa ad immersione SW, oppure a più diramazioni di essa che tagliano i fianchi orientali della Val d'Agri. Questo risultato potrebbe avere importanti implicazioni sismologiche e fornire ulteriori spunti di discussione sulla controversa identificazione della struttura sismogenica che causò il terremoto del 1857.

Altri indizi sulle strutture geologiche profonde della Val d’Agri sono emersi dall’interpretazione di un modello sismico tomografico 3D ottenuto dall'inversione dei dati sismici passivi raccolti in parte dalla rete sismica Nazionale INGV ed in parte da reti locali temporanee gestite dall’ENI e dall’IMAA, quest’ultima installata nel 2016 nell’ambito di un progetto SIR-MIUR INSIEME (INduced Seismicity in Italy: Estimation, Monitoring and sEismic risk mitigation, Resp. Tony A. Stabile).

Un’analisi quantitativa integrata tra i due modelli geofisici basata sulla distribuzione di resistività elettrica e di velocità delle onde P del sottosuolo, è stata concentrata maggiormente intorno al pozzo Costa Molina 2, luogo di reiniezione delle acque di strato prodotte dalla raffinazione degli idrocarburi. L’interpretazione congiunta ha fornito ulteriori indicazioni, altrimenti non intuibili dai singoli modelli, sulle caratteristiche geolitologiche e reologiche dell’area investigata. L’approccio innovativo utilizzato in questo lavoro incoraggia alla sua applicazione nell'esplorazione preliminare di aree sottoposte a valutazione nell’ambito di un potenziale sfruttamento petrolifero contro indagini di sismica a riflessione molto più costose, invasive e meno rapide.

L’attività di questo filone di ricerca comunque non è conclusa. La rete sismica temporanea INSIEME si è trasformata nel 2019 in un’infrastruttura di ricerca permanente HAVO (High Agri Valley geophysical Observatory) del CNR-IMAA (https://doi.org/10.7914/SN/VD) per la quale si prevede, oltre alla co-locazione di stazioni magnetotelluriche (acquisite recentemente nell’ambito del Progetto di Progetto PON-GRINT Infrastrutture di Ricerca Italiana per le Geoscienze), anche di ulteriori sensori GPS, geochimici e stazioni meteo attraverso collaborazioni scientifiche con università e istituti di ricerca nazionali e internazionali quali: IPGP (Francia), GFZ-Potsdam (Germania), OGS, INGV, ENEA, Università Federico II di Napoli, Università di Bari e Università della Basilicata. Infine, nell’ambito del Progetto PRIN-MIUR "Detection and tracking of crustal fluid by multi-parametric methodologies and technologies” è prevista la realizzazione di un modello magnetotellurico 3D della Val d’Agri.

 

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Figura 1 – Mappa dell’area di studio con l'indicazione: del profilo magnetotellurico eseguito in Val d’Agri (linea nera in grassetto); proiezione superficiale della griglia tomografica sismica (riquadro arancione tratteggiato); eventi sismici avvenuti nell'area (cerchi rossi) da gennaio 2002 a dicembre 2018. Per ulteriori dettagli dell’immagine si rimanda al lavoro di Balasco et al. 2021.

 

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Figura 2 - modello di resistività elettrica della Val d’Agri. Linee nere continue e tratteggiate numerate sovrapposte al modello mostrano le principali faglie riconoscibili anche sulla carta geologica. Abbreviazioni: C1 = conduttore a immersione nord-ovest che si estende dalla superficie inferiore in profondità nella crosta. R1 = zona di resistività presumibilmente associata alla Piattaforma Apula.

 

 

Per informazioni

Marianna Balasco, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti:

Balasco M., Cavalcante F., Romano G., Serlenga V., Siniscalchi S., Stabile T.A. Lapenna V. (2021). New insights into the High Agri Valley deep structure revealed by magnetotelluric imaging and seismic tomography (southern Apennine, Italy). Tectonophysics, Vol. 808, 228817.

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