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Indice articoli


Un team di scienziati italiani per monitorare la salute dei boschi lucani

Il 17 luglio 2020 è partita la prima campagna di rilievi in situ, prevista nell’ambito del progetto “Sviluppo di tecnologie innovative di Osservazione della Terra per lo studio del Cambiamento cLimatico e dei suoi IMpatti su Ambiente e territorio” (PON OT4CLIMA - finanziato dal Ministero della Ricerca nell’ambito del Programma Nazionale della Ricerca, Ricerca&Innovazione 2014-2020), progetto coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Come ci spiega il Dr. Nicola Pergola, Dirigente di Ricerca del CNR-IMAA e responsabile scientifico del progetto, “il progetto OT4CLIMA intende studiare i diversi impatti a scala locale e regionale dei cambiamenti climatici attraverso lo sviluppo e l’impiego di tecnologie e metodologie innovative di Osservazione della Terra, con un approccio fortemente multi-disciplinare e con una spiccata collaborazione tra Ricerca e Impresa”.

La campagna di misura – che interesserà il bosco di San Paolo Albanese, ai confini dell’area del Parco del Pollino - ha lo scopo di raccogliere dati di parametri eco-fisiologici per validare e calibrare indici vegetazionali innovativi, ricavabili da osservazioni satellitari, per poter migliorare il monitoraggio da remoto delle aree forestali caratterizzate da stress legati ai cambiamenti climatici. In particolare, verrà investigato un alto-fusto coetaneo di farnetto (Quercus frainetto), interessato a partire dagli inizi del 2000 da fenomeni estesi di declino e mortalità delle piante causati da eventi climatici estremi. Il farnetto è una specie endemica di grande interesse naturalistico e riconosciuto come Habitat 9280 nell’ambito di Rete Natura 2000.

Strumentazione aviotrasportata, droni, sistemi satellitari e apparati di misura in sito saranno dispiegati contemporaneamente per raccogliere informazioni dettagliate sullo stato di salute delle piante del bosco, attraverso un innovativo approccio multidisciplinare: una valutazione a 360° su aree test a scala sub-regionale che coinvolge diversi ambiti di ricerca. Si prevede, infatti, il confronto tra misure in situ di potenzialità fotosintetica, dati da satellite (dall’utilizzo di indici legati all’emissività e alla temperatura superficiale all’integrazione con misure in banda ottica e SAR) e rilevazioni da aereo.

Diversi i soggetti coinvolti, con ricercatori provenienti da tutta Italia: dall’Università degli Studi della Basilicata, dall’Università degli Studi di Trento e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, che parteciperà con ricercatori dei seguenti istituti: Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri, Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, Istituto Nazionale di Ottica e Istituto per la BioEconomia.

“La validazione “in campo” di una metodologia innovativa permetterà di migliorare la capacità di rispondere adeguatamente ad eventi estremi legati al cambiamento climatico e di potenziare le attuali strategie di monitoraggio, su più ampia scala, dei popolamenti forestali interessati da fenomeni di declino e mortalità”, così come ci ha spiegato il prof. Francesco Ripullone, docente della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell’Università della Basilicata e coordinatore, insieme al Prof. Guido Masiello (UNIBAS - Scuola di Ingegneria) della campagna di misura.

 

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Nicola Pergola, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 


Fusione di immagini sfruttando dati WorldView-3 acquisiti nello spettro del visibile, vicino infrarosso ed infrarosso ad onde corte

Con l’enorme quantità di dati acquisiti e memorizzati oggigiorno, lo sviluppo di tecniche che lavorano relazionando questi dati e creando prodotti con caratteristiche uniche è sempre più rilevante. Di particolare interesse scientifico e rilievo industriale è la fusione di dati telerilevati con diverse caratteristiche da un punto di vista spaziale e spettrale. Infatti, a causa di vincoli tecnologici, nei sistemi ottici attualmente in uso per il telerilevamento sono presenti forti compromessi tra risoluzione spaziale (definita come il più piccolo dettaglio distinguibile in una immagine) e spettrale (definita come la capacità di uno strumento di distinguere due segnali che hanno frequenze spettrali molto vicine). Così, attualmente, i sensori ottici in orbita satellitare sono in grado di fornire o un’alta risoluzione spaziale ma con ridotte capacità di discriminazione spettrale (ad esempio i sensori pancromatici), o raggiungono buone risoluzioni spettrali mentre risultano limitati spazialmente (per esempio i sensori multispettrali ed iperspettrali). Da qui la necessità di algoritmi di fusione dati capaci, a partire da dati acquisiti su una stessa area, di ottenere prodotti con elevata risoluzione sia spaziale che spettrale.

Il termine “pansharpening” è spesso utilizzato in letteratura per denotare questi particolari tipi di algoritmi. Tale nome è la contrazione di “panchromatic sharpening”, cioè l’aumento di risoluzione spaziale (sharpening) è ottenuto tramite l’uso di dati pancromatici. Nella terminologia comunemente utilizzata l’aumento di risoluzione spaziale è riferito a dati multispettrali (decine di bande spettrali). Questa ricerca ha suscitato forte interesse all’interno della comunità scientifica negli ultimi trent’anni. Tale interesse è stato dimostrato dall’organizzazione di uno specifico contest lanciato dalla Data Fusion Committee della IEEE Geoscience and Remote Sensing Society nel 2006 e dall’elevato numero di pubblicazioni presenti in letteratura. Interesse scientifico a parte, questa ricerca ha già raggiunto un grado di maturità tale da poter trovare spazio a livello industriale. Infatti, la domanda di prodotti sintetici elaborati tramite algoritmi di pansharpening è crescente con il passare degli anni. Ad oggi, software commerciali come Google Earth e Bing Maps fanno largo uso di questi prodotti sintetici.

Gli ultimi avanzamenti in tale settore scientifico vanno verso una generalizzazione del concetto di pansharpening applicandolo alla fusione di dati ad alta risoluzione spaziale ma con un numero di bande spettrali sempre crescenti. In particolare, il concetto di “hypersharpening” è stato introdotto da qualche anno, solitamente riferito alla fusione di dati iperspettrali a bassa risoluzione spaziale con dati multispettrali con una più elevata risoluzione spaziale.

A partire da questi concetti e data l’elevata quantità di dati acquisiti e l’eterogeneità degli stessi, una ulteriore tematica che necessita di un approfondimento è la fusione di immagini acquisite da sensori sensibili a diverse porzioni dello spettro elettromagnetico. In particolare, l’integrazione di dati appartenenti al campo dell’infrarosso con dati ottici risulta di notevole interesse. Infatti, la combinazione di caratteristiche quali la capacità di penetrare l’atmosfera (anche con livelli elevati di particolato e polveri) del dato telerilevato nell’infrarosso con la più alta risoluzione spaziale delle immagini acquisite nello spettro del visibile potrebbe essere la chiave per lo sviluppo di sistemi ad alta precisione capaci di risolvere bersagli anche in condizioni non ideali come la presenza di foschia o atmosfera ricca di polveri.

In questo lavoro si affronta tale problema. Partendo da dati WorldView-3 che sono di vasto utilizzo all’interno della comunità scientifica, si considera, per la prima volta in letteratura, il problema della fusione di tutte le immagini acquisite dai sensori a bordo di tale piattaforma satellitare. In particolare, un dato pancromatico alla risoluzione di 0.3 m è acquisito contemporaneamente ad una immagine multispettrale a 8 bande nello spettro del visibile vicino-infrarosso a 1.2 m. Infine, altre 8 bande spettrali sono acquisite nello spettro elettromagnetico dell’infrarosso ad onde corte con una risoluzione spaziale di 7.5 m. L’obiettivo degli approcci proposti è quello di raggiungere, per tutti i dati acquisiti, la massima risoluzione spaziale possibile (cioè 0.3 m). Così, diversi approcci sono stati proposti basandosi sull’utilizzo dell’immagine multispettrale a risoluzione media (1.2 m) come supporto per migliorare la risoluzione spaziale dell’immagine acquisita nell’infrarosso ad onde corte e portarla alla risoluzione di 0.3 m. Diverse tecniche di pansharpening e di hypersharpening sono state utilizzate e confrontate. Inoltre, l’uso di filtri bilineari è stato proposto per l’estrazione dei dettagli da immagini a più alta risoluzione spaziale.

L'analisi sperimentale è stata condotta sia su immagini simulate (acquisite dal sensore iperspettrale APEX) che su dati reali WorldView-3. Per tale scopo, un nuovo protocollo di validazione a scala piena è stato introdotto. I risultati hanno mostrato che, sia con dati simulati che reali, l’immagine multispettrale a risoluzione media risulta utile per aumentare la risoluzione delle bande acquisite nell’infrarosso ad onde corte. Inoltre, l’uso di tecniche di fusione dati basate sul concetto di analisi multi-risoluzione ha dimostrato performance superiori rispetto a metodologie basate sul concetto di sostituzione con l’immagine ad alta risoluzione spaziale. All’interno delle tecniche basate sul concetto di analisi multi-risoluzione, l’uso dei filtri bilineari per l’estrazione dei dettagli è risultato conveniente per questo particolare problema di fusione delle immagini.

 

2.00

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Gemine Vivone, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

  

Approfondimenti

 

[1] G. Vivone , L. Alparone , J. Chanussot , M. Dalla Mura , A. Garzelli , G. Licciardi , R. Restaino , L. Wald , A critical comparison among pansharpening algorithms, IEEE Trans. Geosci. Remote Sens. 53 (5) (2015) 2565–2586.

[2] M. Selva , B. Aiazzi , F. Butera , L. Chiarantini , S. Baronti , Hyper-sharpening: a first approach on SIM-GA data, IEEE J. Sel. Top. Signal Process. 8 (6) (2015) 3008–3024.

Sito web

http://openremotesensing.net/kb/codes/pansharpening/

 


 

Tecniche geofisiche per il monitoraggio di cedimenti fondali in edifici in cemento armato

L’uso di tecniche di diagnostica non invasiva, abili a fornire informazioni sempre accurate sullo stato di salute di manufatti edilizi e infrastrutture civili, rappresenta uno degli obiettivi strategici della ricerca in campo ingegneristico. La geofisica fornisce tecnologie e metodologie di analisi in grado di evidenziare criticità e difetti, strutturali e non, imputabili ad errori di progettazione, di costruzione e di manutenzione senza interferire con la normale vita delle strutture nonché con i processi produttivi regolarmente svolti. L’approccio di minima invasività è di fondamentale importanza in contesti in cui è difficile operare per motivi logistici come nel caso delle aree industrializzate e urbanizzate. Per tale ragione, negli ultimi anni si è giunti a definire una nuova branca della geofisica applicata chiamata “Urban Geophysics” (UG) volta a studiare le migliori metodologie di tipo geofisico da adottare per caratterizzare il sottosuolo al fine di proteggere le risorse, naturali e antropiche, in esso contenute.

In questo quadro di azione, tuttavia, è possibile notare che, se da un lato le tecniche di tipo elettromagnetico basato sull’uso della metodologia del georadar si stanno sviluppando rapidamente, le tecniche di resistività sono state impiegate limitatamente, se non addirittura trascurate. Al fine dunque di evidenziare le potenzialità (e i limiti) delle tecniche elettriche la ricerca presentata sulla rivista internazionale Surveys in Geophysics, ha preso in esame i contributi più recenti con oggetto misure di tipo geoelettrico per l’investigazione di problematiche a scala variabile, dalle indagini su campione, per analisi dei problemi di corrosione delle armature e umidità dei materiali, alle indagini su scala reale per lo studio della conservazione di murature storiche e infrastrutture civili.

Lo sforzo effettuato ha, dunque, mirato da un lato a rilanciare le tecniche di resistività elettriche in campo ingegneristico, dall’altro ad evidenziare la forte integrabilità del dato geoelettrico con quello elettromagnetico ad alta frequenza. Sono stati studiati con tecniche del georadar e della geoelettrica due strutture inserite in contesto urbano ed industriale un centro commerciale e un’autorimessa per autobus. Attraverso l’utilizzo di tecniche di misurazione geoelettrica anche non convenzionale basate su disposizione multielettrodiche ad “L” (figura 1) e l’integrazione con dati georadar (figura 2), si sono identificate le possibili cause dei cedimenti fondali differenziali senza l’interruzione dei servizi svolti dalle strutture. Le ricerche, svolte anche in collaborazione con l’Istituto di Protezione Idrogeologica di Bari, hanno permesso di identificare la presenza di eterogeneità nel terreno responsabili dei dissesti visibili in superfici e fornendo gli strumenti per la risoluzione dei problemi. Le informazioni, così ottenute, validate da dati diretti ottenuti con sondaggi realizzati in prossimità delle anomalie di tipo geofisico, hanno mostrato in modo inequivocabile le potenzialità dei metodi elettrici integrati   con quelli elettromagnetici per lo studio di problematiche ingegneristiche, in particolare quelle relative ai cedimenti fondali

 

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Figura 1: Risultato della misura geoelettrica di tipo 3D con l’identificazione delle aree di maggiore vulnerabilità (volumi in rosso ad alta resistività) in prossimità delle fondazioni superficiali dei pannelli prefabbricati della struttura caratterizzata da cedimenti differenziali.

 

 

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Figura 2: Risultati ottenuti con applicazione della metodologia della geoelettrica (a) e del georadar (b) con evidenziazione delle anomalie verticali riconducibili ai cedimenti caratterizzanti il fabbricato.

 

 

 

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Luigi Capozzoli, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

Capozzoli, L., De Martino, G., Polemio, M. et al. Geophysical Techniques for Monitoring Settlement Phenomena Occurring in Reinforced Concrete Buildings. Surv Geophys 41, 575–604 (2020)

https://doi.org/10.1007/s10712-019-09554-8

 


I ricercatori dell’IMAA-CNR che si occupano della tematica Land Cover Dynamics and Degradation (LCD&D) partecipano alla redazione dell’Atlante COVID -19 per lo studio dell’insorgenza, della diffusione e degli esiti del contagio in Italia

Dal mese di febbraio 2020 l’Associazione dei Geografi Italiani sta realizzando un Atlante nazionale dedicato alla prima fase della pandemia COVID-19. L'Atlante, quale strumento conoscitivo che intende recuperare il suo antico modello descrittivo basato sulla relazione additiva testo-carta, costituirà un primo prodotto di un Osservatorio sulla pandemia COVID -19: approfondimenti spaziali e territoriali. Esso ha lo scopo di impiegare le competenze analitiche e cartografiche presenti sul territorio nazionale in riferimento all’insorgenza, alla diffusione e agli esiti del contagio.

La nascita di focolai, la diffusione del contagio, la virulenza del morbo in certe Regioni vanno ricercate anche negli aspetti olistici di queste ultime e cioè in tutti quelle caratteristiche socio-territoriali che fanno la diversità dei luoghi e influenzano le dinamiche spazio-temporali della pandemia.

Nello specifico, assumendo le recenti prospettive scientifiche sul ruolo della spazialità e del mapping nel rappresentare dinamiche territoriali, l’Atlante si prefigge un duplice scopo: i) analizzare il contagio in relazione alle specificità socio-territoriali dei luoghi in cui si sta diffondendo con più virulenza; ii) costruire carte riflessive che, andando oltre il messaggio allarmistico che la massiva mole di mappe prodotte a vari livelli (istituzionali e non) comunica sull’epidemia, contribuiscano piuttosto alla comprensione del fenomeno nella sua complessità dinamica (reticolarità, mobilità della popolazione; relazioni centro-periferia, aree metropolitane, struttura demografica, rapporti inquinamento-clima, ecc.).

Questo progetto di ricerca, che vede l’IMAA come unica struttura del CNR coinvolta, impegna circa 50 geografi ricercatori universitari e si avvale della partecipazione di 15 laboratori geo-cartografici universitari che fanno parte della Rete LabGeoNet.

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Distribuzione del contagio Covid-19 nelle province italiane per il periodo 24 febbraio - 23 marzo 2020. Tale mappa è stata ampiamente utilizzata dai principali mezzi di comunicazione. Dati:Ministero della Salute. Elaborazione: CST – DiathesisLab, Università degli Studi di Bergamo.

 

 

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Esiti del contagio in Italia per il periodo 23 marzo - 14 aprile 2020. Dati: Ministero della Salute. Elaborazione: CST – DiathesisLab, Università degli Studi di Bergamo.

 

 

Per informazioni

Maria Lanfredi, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

https://www.ageiweb.it/iniziative-agei/progetto-atlante-covid-19/


Impatti a lungo termine della gestione dei pascoli sui processi di land degradation in una comunità rurale del Sud Italia: problematiche di spopolamento

Uno studio pubblicato sulla rivista Land Degradation and Development (Wiley), condotto da ricercatori del CNR-IMAA che si occupano della tematica LCD&D (Land Cover Dynamics and Degradation) unitamente ad alcuni ricercatori delle Università della Basilicata e di Macerata, investiga le conseguenze che sistemi differenti di gestione dei pascoli hanno avuto sullo stato attuale dei paesaggi agro-pastorali in un classico ambiente montano dell’Appennino meridionale (Area test Castelsaraceno, Basilicata, Sud Italia).

Lo spopolamento e la marginalizzazione economica delle zone rurali dell’Europa meridionale hanno determinato un progressivo fenomeno di abbandono delle aree agricole. Le aree a più alto rischio di abbandono sono quelle caratterizzate da una gestione estensiva del pascolamento che è fortemente dipendente dalla presenza e consistenza economica di incentivi e sussidi dedicati alla promozione di usi del suolo più sostenibili. Nel Sud dell’Europa il sottopascolamento è la causa principale dei fenomeni di land degradation delle aree adibite a pascolo (diffusione di specie legnose, aumento di necromassa, semplificazione floristica, ecc.). In tali regioni preservare la resilienza dei pascoli, attraverso un management appropriato, significa acquisire conoscenze più dettagliate sugli impatti che le diverse pratiche di pascolamento adottate hanno imposto ai sistemi ecologici e comprendere i meccanismi socio-ambientali che presiedono alla scelta di quelle pratiche.

In questo studio sono state analizzate le conseguenze di differenti regimi di gestione del pascolamento sullo stato dei sistemi agropastorali attualmente presenti nel comune montano di Castelsaraceno (Appennino meridionale, Basilicata, Italia). L’analisi multiscala condotta si è avvalsa di diversi tipi di dati (remoti, in situ, economici, sociali) e di tecniche statistiche esplorative per individuare all’interno di  5 sub-aree omogenee (Figura 1) tre principali traiettorie di uso del suolo che hanno caratterizzato l’area investigata con esiti differenti in termini di fenomeni di land degradation indotti: a) aree completamente abbandonate; b) aree con una diminuzione dell’intensità del pascolamento dove le pratiche di gestione sono rimaste inalterate nel tempo; c) aree con una diminuzione dell’intensità di pascolamento caratterizzate da cambiamenti significativi nelle pratiche di gestione.

I risultati dello studio dimostrano come, in talune circostanze, la mutua interazione di fattori regionali e locali può determinare uno squilibrio ecologico-economico che né risponde alle esigenze del mercato produttivo, né favorisce la conservazione dei servizi ecosistemici.

Il lavoro propone alcune raccomandazioni in termini di pratiche da adottare per favorire lo sviluppo sostenibile di zone rurali, montane e marginali del bacino mediterraneo sulla base dei risultati ottenuti per l’area investigata.

In questa direzione futuri sforzi di ricerca dovrebbero concentrarsi sulla comparazione fra analoghi sistemi di aziende zootecniche operanti in contesti montano-rurali simili a quello del presente lavoro e distribuiti all’interno dei diversi Paesi mediterranei. In tal modo si potrebbero individuare soluzioni ottimali di management che coniugano uno sfruttamento sostenibile delle risorse pascolive con performance aziendali soddisfacenti in grado di ispirare future policy a livello nazionale ed europeo.

 

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Per informazioni

Tiziana Simoniello, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

Quaranta, G., Salvia, R., Salvati, L., De Paola, V., Coluzzi, R., Imbrenda, V., & Simoniello, T. Long‐term impacts of grazing management on land degradation in a rural community of Southern Italy: Depopulation matters, Land Degrad Dev, 2020, 1-16

 


La terza missione del CNR contribuisce al primato italiano ARWU in “Atmospheric Science”

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Tra le anticipazioni del rapporto 2020 del prestigioso Academic Ranking of World Universities (ARWU), c’è un’importante novità che riguarda l’Università dell’Aquila, risultata al primo posto in Italia nell’ambito “Atmospheric Science”.

Il notevole risultato dell’Università dell’Aquila è in parte legato alla nascita della Laurea Magistrale in Atmospheric Science and Technology (LMAST, https://www.lmast.it/ ), consorziata con l’Università La Sapienza di Roma, a cui il CNR contribuisce con quattro insegnamenti, “Atmospheric Sounding” (Domenico Cimini, CNR-IMAA), “Radar Meteorology” (Mario Montopoli, CNR-ISAC), “Physics of non-linear systems” e metà corso di “Statistical Mechanics” (Guglielmo Lacorata, CNR-ISMAR).

La classifica delle università mondiali ARWU viene pubblicata dal 2009 da Shanghai Ranking Consultancy, un'organizzazione indipendente non subordinata ad alcuna università o agenzia governativa. Sei indicatori oggettivi vengono utilizzati per classificare più di 1800 università del mondo, tenendo conto della produzione scientifica e della carriera dei rispettivi laureati.

 

Per informazioni

Domenico Cimini, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Guglielmo Lacorata, CNR-ISMARQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Mario Montopoli, CNR-ISACQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Media

 

https://www.corriere.it/scuola/universita/cards/universita-sapienza-padova-bocconi-polimi-top-italia-le-migliori-mondo/migliori-livello-mondiale.shtml

http://orizzonteuniversita.it/classifica-arwu-2020-per-materie-la-sapienza-al-top-in-italia/

https://www.univaq.it/include/utilities/blob.php?table=comunicato_stampa&id=998&item=allegato

 


Il fumetto incontra e racconta la ricerca scientifica: "La visione di Mallet"  

Nell'ambito delle attività di formazione sulla comunicazione e divulgazione dei risultati della ricerca scientifica rivolte a tutto il personale Cnr-Imaa, il 17 giugno  si è tenuto il webinar "La visione di Mallet", relatore Giuseppe Palumbo.

Giuseppe Palumbo vive a Bologna da tempo ma è nato a Matera ed ha cominciato a pubblicare fumetti nel 1986 per riviste come Frigidaire e Cyborg, sulle cui pagine crea il suo personaggio più noto, Ramarro, il primo supereroe masochista.

Dal 2000 è uno dei disegnatori di punta di Diabolik (Astorina edizioni) e collabora alla Collana “Comics&Science”, CNR edizioni.

Firma tra le più autorevoli ed importanti del fumetto italiano, ha abbandonato solo per un momento i suoi personaggi di punta per indossare le vesti di Robert Mallet, eclettico ingegnere irlandese, padre della sismologia, che sbarcò in Italia nel 1858 per studiare il terremoto che nel dicembre del 1857 aveva sconvolto la Lucania. Con la grandissima competenza ed esperienza che lo contraddistinguono e sulla base di una serie di studi linguistici e di esperienze nel campo della biografia a fumetti, Palumbo ha dato spunti ed esempi inerenti il linguaggio dei fumetti, soffermandosi in particolare sulla realizzazione del fumetto “La visione di Mallet”, graphic novel edito da Lavieri e firmato da Giuseppe Palumbo, Giulio Giordano e Gianfranco Giardina.

Questo graphic novel cerca di raccontare qualcosa di più sui terremoti e sulla sismologia. Il catastrofico terremoto di magnitudo 7 del 1857, con epicentro a Montemurro, che ha distrutto circa 180 paesi e causato 19.000 vittime, segnerà non solo una catastrofe, ma anche un cambiamento epocale in campo scientifico. Robert Mallett, lungimirante ingegnere irlandese e appassionato studioso di terremoti, riesce a fronteggiare diverse difficoltà – come la mancanza di fondi e i rapporti tesi fra il Regno Unito e il Regno delle Due Sicilie – e a farsi finanziare una spedizione scientifica per studiare gli effetti del terremoto sugli edifici e sul territorio. L’obiettivo dello studioso è dimostrare le sue teorie e permettere alla sismologia di entrare nel campo delle scienze esatte.

I rilevamenti effettuati da Robert Mallet e le fotografie del francese Alphonse Bernoud saranno i dati su cui si baseranno i suoi studi raccolti in due volumi, considerati i testi da cui nasce la sismologia moderna.

Il graphic novel “La visione di Mallet” , però, non si limita alla cronaca del viaggio dello scienziato, ma ne racconta i retroscena. Infatti nel racconto trova spazio anche tutto quello che non poteva rientrare nella ricerca scientifica ma ugualmente osservato e annotato con attenzione: lo stupore, i paesaggi, i volti, la superstizione, quello di una terra in ginocchio e profondamente ferita, ma anche l’accoglienza, la condivisione e il senso di appartenenza ad una comunità che si espande ben oltre i confini della regione.

Il fumetto, che unisce in sé aspetti verbali (nella riproduzione dei dialoghi), grafici (parole scritte) e visivi (i disegni), costituisce un preziosissimo strumento e proprio la sua ricchezza linguistica è un importante aspetto da tenere in considerazione nel suo impiego come strumento didattico e di apprendimento. Negli ultimi decenni il linguaggio dei fumetti si è evoluto a tal punto da poter affrontare non più solo il mondo del puro entertainment, ma anche gli argomenti più complessi della cultura mondiale, come anche di scandagliare le profondità dello spirito umano, rendendole al lettore in una formula che solo apparentemente sembra più semplice.

Il linguaggio dei fumetti permette anzi, attraverso l’interazione testo/immagine, una ricostruzione degli argomenti in una chiave più diretta, se non immediata per lo meno suggestiva, al punto da stimolare piuttosto che distrarre il proprio lettore.

 

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Licia Fanti, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 


Il progetto IDEWA vincitore dei bandi PRIMA 2019 

Il progetto IDEWA (Irrigation and Drainage monitoring by remote sensing for Ecosystems and WAter resources management), è stato selezionato per il finanziamento nell’ambito del programma PRIMA 2019, nel settore Water Management. Il partenariato del progetto, guidato dal CESBIO (Centre d'Etudes Spatiales de la Biosphère, Tolosa), vede coinvolto anche il CNR-IMAA, sotto la responsabilità scientifica del dott. Teodosio Lacava, ricercatore presso l’istituto.

Il progetto si pone l’obiettivo di proporre un approccio integrato alla soluzione dei problemi relativi alla gestione quali-quantitativa della risorsa idrica, in grado al contempo di preservare la biodiversità degli ecosistemi e fornire un sistema decisionale per la loro gestione. IDEWA infatti, attraverso lo sviluppo di strumenti innovativi basati su dati di telerilevamento multi-sensore mira ad incrementare le conoscenze sull'irrigazione sostenibile introducendo il flusso di drenaggio e la qualità delle acque come componenti necessarie da considerare a livello di campo e di bacino.

 

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Teodosio Lacava, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

PRIMA Observatory on Innovation 

 


GeoHealth 2020: la conferenza internazionale dedicata all’impatto del sistema terra sulla salute umana e sulla società.

 

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L’1 e 2 settembre si è svolta a Bari in versione virtuale la conferenza internazionale “GeoHealth 2020” (International Meeting of Geohealth Scientists), il primo meeting del neonato European Network of GeoHealth Scientists (ENGS).

GeoHealth 2020 è una conferenza internazionale dedicata all'impatto del sistema Terra - nei suoi molteplici aspetti - sulla salute umana e sulla società.

La conferenza ha rappresentato un’opportunità unica per mineralogisti, medici, scienziati del suolo, tossicologi, geochimici, veterinari, biologi, chimici e per molti altri specialisti di condividere idee e conoscenze sull’impatto dell’ambiente naturale sulla salute. Un incontro virtuale di discipline molto diverse fra loro a riprova e testimonianza della multidisciplinarietà di GeoHealth.

Alla conferenza hanno partecipato scienziati di chiara fama tra cui José A. Centeno e Robert Finkelman fondatori della International Medical Geology Association ed editori di importanti testi di Medical Geology.

 

Per informazioni

Saverio Fiore, CNR-IMAA, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Approfondimenti

https://www.geohealth-scientists.org

 

Informazioni aggiuntive